XIV LEGISLATURA – DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI – DOCUMENTI
CAMERA DEI DEPUTATI N. 1848
PROPOSTA DI LEGGE
D’iniziativa dei deputati:
D’AGRO, DI GIANDOMENICO, DORINA BIANCHI, BRUSCO, BUGLIO, CARLUCCI, CATANOSO, RICCARDO CONTI, D’ALIA, DE BRASI, FILIPPO DRAGO, FERRO, GASTALDI, GIUSEPPE GIANNI, ANNA MARIA LEONE, LUCCHESE, MAGGI, MAZZONI, MEREU, MILIOTTO, NARO, PERETTI, RANIELI, RUGGHIA, TUCCI, VERNETTI, VOLONTÈ, ZANETTA
Disposizioni per l’istituzione delle università della terza età
Presentata il 24 ottobre 2001
ONOREVOLI COLLEGHI! – Le università della terza età o degli anziani negli anni ottanta e novanta sono divenute una realtà in Italia. Si parla di oltre 500. A queste vanno senz’altro aggiunte molte altre, forse altrettante, di consistenza minore. Sorte in gran parte per iniziativa privata, si reggono per lo più sul volontariato, di cui risentono, per ricchezza ideale, varietà di forme e precarietà.
Oggi è chiesto alle università della terza età, nel rispetto dei bisogni del territorio, di maturare e di trovare impostazione di fondo, finalità, metodologie comuni, così da diventare un vero servizio pubblico.
Mentre in Francia sono emanazione dell’università degli studi e in Germania attività universitarie vere e proprie, in Italia urge garantire l’utente della serietà delle proposte culturali, distinguendole da altre iniziative minori, pur degne di considerazione, finalizzate o alla socializzazione o ad un aggiornamento senza sistematici approfondimenti.
Si chiede pertanto che una legge in proposito garantisca un servizio culturale pubblico a beneficio dell’intera collettività e non faccia cadere le istituzioni in ambigue forme assistenziali.
I bisogni delle persone anziane oggi, all’indomani del pensionamento o della conclusione del ciclo materno, sono espressi in tre imperativi:
recuperare significato sociale alla propria vita ed attività;
acquisire capacità di assunzione di nuovi ruoli sociali;
trovare istituzioni culturali a loro adatte, vere università della vita con la proposta di un sapere ricondotto al suo significato umano e sociale.
Nel lontano 1930, lo psicanalista Karl Gustav Jung parlava della necessità di due tipi di scuola: la scuola che prepara alla vita e la scuola che approfondisce il modo di vivere. In tutto il mondo, diceva, trovo scuole che preparano i giovani al lavoro, scuole essenzialmente del fare, dell’agire, dell’inserimento nel processo produttivo. Quando però uno è inserito nella società, continua Jung, quando ha imparato questo «ABC», comincerà proprio allora ad aver bisogno di altre scuole molto più qualificate, che insegnino come vivere e come rendere umana la società. Sono quelli che hanno 40 anni ad aver bisogno di queste istituzioni per vivere la vita, per imparare ad essere, per svolgere un ruolo umanizzante nella società. Queste scuole non ci sono.
Era allora impensabile una sistematica educazione degli adulti; neppure però nella nostra società questa esiste, nonostante molto si sia parlato di educazione degli adulti, di istruzione permanente, di istruzione ricorrente. Oggi si ritiene tutt’al più necessaria l’educazione permanente, per adeguare il lavoratore ai cambiamenti strutturali. Si tratta però sempre di scuole del fare. Noi dovremmo inventare altre scuole, accanto a queste, le quali aiutino le persone a vivere pienamente a loro esperienza di vita sociale, a rendere più umana la società, che si dimostra molto conflittuale, invivibile per certi aspetti.
Per questo la proposta di legge presentata prevede una matrice culturale e scientifica e definisce i requisiti in modo da distinguere le università della terza età dalle generiche proposte culturali o di socializzazione (articolo 2), da assicurare nel pluralismo italiano la loro autonomia istituzionale (articolo 3), organizzativa (articolo 4) e finanziaria (articolo 5); precisa inoltre la loro matrice istituzionale ed al tempo stesso territoriale, assegnando alle regioni funzioni di riconoscimento e di controllo (articoli 6 e 7); riconosce a tali istituzioni la qualità di organizzazione non lucrativa di utilità sociale (articolo 10).
PROPOSTA DI LEGGE
CAPO I
NATURA E FINALITÀ DELLE UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ
ART. 1.
1. Le università della terza età, comunque denominate, sono libere associazioni o enti culturali riconosciuti ed operanti nel settore, senza fini di lucro, partitici, sindacali e confessionali, aventi finalità culturali con ordinamenti autonomi disciplinati da propri statuti e regolamenti.
ART. 2.
1. Le università della terza età hanno l’obiettivo fondamentale della promozione culturale che riconosca e mantenga un ruolo attivo delle persone adulte ed anziane nella società, mediamente:
a) attuazione di corsi o laboratori e la realizzazione di altre attività culturali collegate o collaterali;
b) promozione e sostegno di studi, ricerche ed altre iniziative culturali per il confronto tra le culture e le generazioni;
c) stimolazione allo studio della condizione della persona anziana ed alla sensibilizzazione socio-culturale del territorio per una sempre maggiore integrazione sociale degli anziani e il dialogo intergenerazionale;
d) promozione diretta o con altri enti di ricerca sulla condizione della persona anziana.
CAPO II
AUTONOMIA STATUTARIA, ORGANIZZATIVA E FINANZIARIA DELLE UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ
ART. 3.
1. Ogni università della terza età adotta un proprio statuto con il quale sono disciplinati gli organi, le loro funzioni, competenze, procedure e modalità di funzionamento.
ART. 4.
1. Le università della terza età hanno autonomia gestionale, organizzativa e didattica nella scelta dei corsi di insegnamento e dei relativi docenti.
ART. 5.
1. I mezzi finanziari delle università della terza età sono assicurati dalle quote di iscrizione, nonché da contributi privati e pubblici.
2. La legge finanziaria dello Stato definisce annualmente uno stanziamento specifico per le federazioni o associazioni nazionali di università e per le università della terza età aventi i requisiti di cui all’articolo 6, le quali presentino domanda secondo modalità da definire con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
CAPO III
RICONOSCIMENTO DELL’ATTIVITA ISTITUZIONALE DELLA UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ
ART. 6.
1. La regione di appartenenza riconosce, su domanda, come libere università della terza età, quelle università che abbiano i seguenti requisiti:
a) siano regolarmente costituisce come associazioni od enti culturali con le finalità, sancite dai propri statuti e regolamenti, previste dall’articolo 2, oppure siano strutture operative di enti culturali giuridicamente riconosciuti che operano nel settore o diramazione nel territorio di altra università della terza età con i requisiti richiesti;
b) svolgano già da almeno 2 anni una regolare attività accademica, costituita da almeno sei corsi per un totale di 150 ore annue;
c), abbiano un corpo docente composto per almeno due terzi da docenti laureati, insegnati o liberi professionisti, anche in quiescenza;
d) abbiano una regolare struttura amministrativa;
e) aderiscono ad una federazione o associazione di Università a carattere nazionale.
ART. 7.
1. Le regioni istituiscono appositi elenchi delle università della terza età.
ART. 8.
1. Le università della terza età iscritte all’elenco regionale possono beneficiare di contributi dello Stato, delle regioni e di enti locali, stipulare convenzioni per l’eventuale utilizzo di locali e personale dipendente dagli stessi e per lo svolgimento di attività culturali nel territorio.
ART. 9.
1. Il riconoscimento regionale cessa qualora l’università della terza età perda uno o più requisiti di cui all’articolo 6. A tale fine, le regioni verificano periodicamente la sussistenza dei requisiti di cui al medesimo articolo.
ART. 10.
1. Le università della terza età iscritte all’elenco regionale di cui all’articolo 7 sono ammesse ad usufruire della normativa prevista dalla sezione II del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, a condizione che venga data la comunicazione di cui all’articolo 11, comma 1, del medesimo decreto legislativo all’Agenzia delle entrate – Direzione regionale all’Agenzia delle entrate, nel cui ambito territoriale ricade il loro domicilio fiscale.